Nella Striscia di Gaza la situazione umanitaria precipita. Secondo le organizzazioni non governative, solo una minima parte degli aiuti pattuiti è effettivamente arrivata. Intanto, il 90% della popolazione è sfollata e crescono i rischi sanitari e alimentari.

Gaza City – Con l’interruzione parziale dei flussi umanitari verso la Striscia di Gaza, la popolazione palestinese si trova ad affrontare una delle peggiori crisi degli ultimi anni. “Siamo al collasso”, denuncia Alfio Nicotra, dell’esecutivo dell’Aoi, l’Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale.

Secondo l’Aoi, da inizio tregua è entrato appena il 30% degli aiuti previsti. Tra questi mancano all’appello le case mobili, cruciali per offrire riparo a migliaia di sfollati costretti a vivere in tende di fortuna. A peggiorare la situazione, si aggiungono i problemi alla rete elettrica e lo stop di alcuni impianti di desalinizzazione. Le conseguenze non si sono fatte attendere: l’accesso all’acqua potabile è sempre più limitato e il rischio di epidemie come colera e tifo è concreto, soprattutto con l’arrivo della stagione calda.

Tende ferme ai confini, aiuti bloccati nei magazzini

Malgrado gli sforzi delle agenzie internazionali, molti aiuti restano fermi. L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni ha 22.500 tende in giacenza nei magazzini in Giordania, mentre i camion carichi di forniture mediche dell’International Rescue Committee non hanno potuto superare i valichi di confine. “I progressi umanitari – spiegano le ONG – dipendono dalla continuità del flusso di aiuti. Senza accesso, ogni piano di sostegno si ferma”.

Sistemi sanitari al collasso e prezzi alle stelle

Il sistema sanitario della Striscia è al limite. Dei 37 ospedali presenti prima del conflitto, oggi solo una decina risultano pienamente operativi. Il 60% delle infrastrutture è danneggiato o inagibile. In parallelo, i prezzi dei generi alimentari hanno raggiunto livelli proibitivi: un chilo di pollo è passato da 5 a 14 dollari. Una spirale inflattiva che ha portato a un’impennata dei casi di malnutrizione.

Azione contro la Fame: “Aiuti insufficienti, vite a rischio”

Anche l’organizzazione internazionale Azione contro la Fame lancia l’allarme: “La sospensione degli aiuti minaccia di vanificare i progressi ottenuti”, si legge in una nota. Natalia Anguera, responsabile delle operazioni in Medio Oriente, sottolinea: “Stavamo per attivare una cucina comunitaria capace di sfamare oltre 4.000 persone durante il Ramadan. Ma le attuali restrizioni ce lo impediscono”.

Il quadro che emerge è drammatico. Con il 90% della popolazione sfollata e il crollo dei servizi essenziali, la comunità internazionale è chiamata a un’azione urgente. “Il rispetto del diritto internazionale umanitario – conclude Nicotra – è oggi più che mai una bandiera di civiltà da difendere contro la barbarie della guerra”.